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Crossover

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STEFY-UDINE
view post Posted on 9/1/2009, 14:54




Componenti semplici e complessi allo stesso tempo, i crossover possono fare la differenza, fra un sistema ben "suonante" ed un "complesso scordato".

Noi ci occuperemo della realizzazione pratica di un filtro audio a due, tre o più vie e di come è possibile correggere la risposta audio del sistema ampli-crossover-altoparlanti.

Quando e perché usare un crossover passivo?

Budget limitato: con un singolo amplificatore potrete pilotare tutto il fronte anteriore, qualsiasi sia il numero degli altoparlanti, (woofer, medi, tweeter ).
Quando il suono che il sistema restituisce, non vi soddisfa nonostante abbiate usato componenti (intendo altoparlanti, amplificatori ecc.) di buona qualità.
In tutti quei casi dove è necessario correggere la risposta in frequenza di uno o più altoparlanti, in altre parole è necessario filtrare, attenuare o esaltare parte dello spettro audio.

I crossover passivi sono motivo di soddisfazione e disperazione di tanti installatori, cerchiamo di capire quali sono i vantaggi e i difetti.

La loro funzione principale, senza dubbio, è di dividere e destinare ad ogni singolo altoparlante le frequenze che quest'ultimo dovrà riprodurre. Ad esempio: ad un tweeter, il crossover destinerà le frequenze da 5000 hz a 20000 hz (i toni alti).
Questa non è la sola opportunità di intervenire sul funzionamento del tweeter. Infatti, se a causa delle caratteristiche intrinseche dell'altoparlante che stiamo filtrando certe frequenze sono esaltate o attenuate, variando opportunamente il valore o aggiungendo ulteriori elementi al crossover, possiamo riallineare la risposta audio del sistema.
Quindi, i crossover passivi, oltre a rappresentare una soluzione economica, per la realizzazione di un impianto car-stereo, sono una valida risposta per quei casi in cui c'è una effettiva difficoltà di installazione. Mi riferisco, per esempio, alle predisposizioni originali dell'auto: non sempre queste sono realizzate in punti che, possono favorire sia la stereofonia che l'esatta altezza del fronte sonoro.
L'aspetto negativo dei crossover passivi, se tale può essere definito, è rappresentato da un'oggettiva difficoltà di messa a punto. Tuttavia, l'esperienza sul campo e l'uso di adeguati strumenti di misura ripagano ampiamente delle difficoltà superate.


Oltre ai crossover passivi esistono i crossover elettronici, a differenza dei primi che lavorano su segnali amplificati (a valle dell'amplificatore), quest'ultimi operano sui segnali preamplificati (a monte degli amplificatori) provenienti dalla sorgente.
Come i "passivi" i crossover elettronici, smistano i suoni su più vie ma a fronte di una facile regolazione, c'è un prezzo da pagare, e cioè: se, per esempio, decidete di realizzare un fronte anteriore a tre vie (alti-medi-bassi) sarete costretti a utilizzare tre amplificatori. Inoltre, non dobbiamo dimenticare che, i crossover elettronici non hanno la capacità di correggere la risposta in frequenza degli altoparlanti. Questo non esclude il fatto che si possano realizzare ottimi impianti, anche con crossover elettronici però, in fase di scelta degli altoparlanti bisognerà selezionarli con particolare cura, badando sopratutto al loro abbinamento.

C'è un solo caso in cui non si può rinunciare all'uso di un crossover elettronico, naturalmente mi riferisco al pilotaggio dell'amplificatore destinato al sub woofer; infatti oltre a consentire il raggiungimento di una precisa frequenza di taglio (frequenza di crossover), l'uso di un "elettronico", pone l'amplificatore nelle migliori condizioni per pilotare il sub woofer: al massimo della potenza!
Se poi siete convinti sostenitori del crossover passivo a tutti i costi, nulla vieta di pilotare tutto l'impianto con un solo amplificatore, subwoofer compreso! Alcuni amplificatori consentono il collegamento TRI-MODE, proprio per permettere tale configurazione con subwoofer mono bobina. Dato per scontato il fatto che l'amplificatore sarà più che autorevole, la particolare configurazione impone, una precisa taratura dell'impianto e prove effettuate anche con auto in movimento. Infatti, è proprio in gamma bassa che, i rumori generati dall'auto in movimento, vanno a incidere pesantemente.



COMPONENTI
Come già detto nella pagina introduttiva i crossover passivi sono assemblati con componenti semplici quali, resistori, condensatori e induttori (bobine). Detti componenti dovranno essere per uso audio, in particolare le resistenze avranno potenze di dissipazione nell'ordine dei 5-10 watt. I condensatori saranno del tipo non polarizzato ed elettrolitici per valori uguali o superiori ai 10 mF (micro Farad) e per tutti i valori fino a 8,2 mF saranno in film plastico ovvero in polypropylene, poliestere, polistirene eccetera. Ma vediamo a cosa servono detti componenti e come influiscono sul funzionamento del sistema amplificatore crossover altoparlanti. Infatti, non bisogna dimenticare che le modifiche fatte sui crossover non determinano solo la risposta degli altoparlanti ma influiscono anche sulla resa degli amplificatori ma questo non sarà argomento trattato in questa pagina.

I resistori rappresentano delle strozzature che la corrente elettrica incontra lungo il percorso. Per cui avremo che all'ingresso del resistore la potenza elettrica sarà maggiore di quella che si può misurare all'uscita. Poiché in natura come in fisica "nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma", la potenza elettrica mancante all'uscita del resistore che fine avrà fatto? Si è trasformata in calore. Per tale ragione, i resistori oltre che per il loro valore in ohm vanno scelti sulla base della quantità di potenza da dissipare cioè, calore. Useremo un resistore, opportunamente inserito nel circuito del crossover, quando è necessario attenuare il livello di un altoparlante in maniera che non copra l'emissione degli altri, oppure é necessario limitare l'intervento di un componente, come potrebbe essere un condensatore posto in parallelo al tweeter, in altre parole una rete di compensaz. impedenza o rete Zobel.
I condensatori, reagiscono in modo diverso rispetto alla frequenza che si presenta al loro ingresso e naturalmente in relazione al loro valore nominale. Precisamente, maggiore è il valore nominale del cond. e maggiormente basse saranno le frequenze che lo possono attraversare, da notare che tutte le frequenze poste al di sopra del limite minimo inferiore, potranno attraversare il cond. senza alcuna difficoltà. Ne consegue che per filtrare un tweeter useremo valori nominali piccoli.
Gli induttori si comportano in maniera simile ma con una differenza fondamentale: si lasciano attraversare facilmente da tutte le frequenze poste al di sotto del limite superiore d'intervento. Anch'essi reagiscono sulla base delle del loro valore nominale e delle frequenze trattate. Maggiore sarà il valore dell'induttore e più in basso sarà il punto di intervento. Ne deriva che sono adatti a filtrare i woofer.
Per filtrare un medio useremo opportune combinazioni di condensatori e induttori, riservandoci di intervenire con le resistenze qualora fosse necessario.
 
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STEFY-UDINE
view post Posted on 9/1/2009, 22:14




Ottave Decibel
E' opportuno ricordare cosa sono i decibel (dB) e cosa le ottave.[espandi sezione]
I suoni sono composti da una frequenza fondamentale o centrale più altre frequenze di valore doppio o metà, rispetto alla fondamentale. Ne risulta che udendo un colpo di gong noi percepiremo un primo suono che determinerà il timbro (frequenza fondamentale) più altri suoni che ci daranno i riferimenti per poter individuare la distanza e la posizione nello spazio della fonte sonora. Come è noto tali suoni sono influenzati dall'ambiente e la loro somma andrà a modificare la stessa fondamentale, ma a noi interessa sapere che si tratta delle frequenze armoniche. La "distanza" tra una armonica e l'altra è definita ottava. Per distanza non si deve intendere una differenza temporale ma uno scostamento di frequenza che, come abbiamo visto, sarà il doppio o la metà dell'armonica precedente. Avremo che la banda audio udibile é divisa in dieci ottave. Questo non deve far credere che fra una armonica e l'altra ci sia assenza di suono. In realtà la divisione a passi di ottave è una comodità o se preferite una convenzione che scaturisce da una qualità del nostro orecchio: noi distinguiamo due suoni di pari livello se fra di loro c'è un'ottava di differenza. Ad es. distinguiamo un basso a 100hz da uno a 200 hz, così come un medio a 1000hz da uno a 2000hz; la differenza tra mille e duemila evidentemente maggiore di quella fra cento e duecento, per il nostro orecchio è sempre un'ottava e sarà avvertita nello stesso modo. Il decibel è usato per misurare grandezze elettriche o acustiche, in acustica si fa seguire la sigla SPL (Sound Pressure Level) il dB SPL misura il livello di pressione sonora. Similmente alle ottave, il nostro orecchio, per poter distinguere due suoni della stessa frequenza, è necessario che fra di loro ci siano più di tre dB di differenza. Quanto esposto sopra non vuol significare che noi sentiamo, per così dire, "a saltare", ma costituisce un metodo d'indagine e di ricerca basato su dei riferimenti e ciò che noi distinguiamo da essi. I grafici riportati di seguito (quello visualizzabile facendo click sulla miniatura è più chiaro) sono basati proprio sulle ottave e sui dB SPL. L'asse verticale (dB) misura il livello di pressione sonora, l'asse orizzontale i passi delle ottave.


In fig. 1potete osservare l'andamento, rappresentato in forma grafica (linea bianca) della risposta in frequenza di un tweeter filtrato a 6 dB per ottava.

Il circuito elettrico equivalente prevede un solo condensatore posto in serie al polo positivo che dall'amplificatore raggiunge il tweeter.

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In fig.2 lo stesso tweeter ma questa volta filtrato a 12 dB per ottava, come potete notare è bastata l'aggiunta di una bobina collegata in parallelo tra il polo positivo e quello negativo.La frequenza di taglio (frequenza di crossover) è stata posta a 2000hz (2 Khz). Risultano evidenti due fenomeni molto indicativi del diverso comportamento che le due configurazioni assumono sopratutto nella zona precedente la frequenza di taglio.
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Infatti, mentre il sei dB lascia scendere morbidamente il livello d'emissione fino a raggiungere frequenze intorno a 800 hz con livello di 80 dB, il filtro a 12 db scende a 80 dB già a partire da 1500hz.


Del tutto analogo ma complementare è il comportamento di un woofer filtrato allo stesso modo (fig.3) del tweeter visto sopra. La diversità più evidente sta nella diversa disposizione dei componenti, come si può osservare dallo schema elettrico.

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(A titolo informativo e per tranquillizzare i più esperti, i grafici sono stati tracciati tenendo conto della sola risposta del crossover, cioè come se l'amplificatore fosse chiuso su di una resistenza).
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Il primo filtro (quello del tweeter) prende il nome di passa alto, mentre il secondo(quello del woofer) è il passa basso. Le attenuazioni sul segnale diretto agli altoparlanti sono misurate in dB per ottava. Avremo quindi filtri passa alto o passa basso con pendenza a 6, 12, 18 ed anche 24 dB per ottava. Gli stessi filtri sono anche denominati del primo, del secondo, terzo o quarto ordine, in base alle attenuazioni prodotte . Più avanti analizzeremo il filtro passa banda che è destinato alla sezione medi di un sistema a più vie. Unitamente esamineremo il fattore "Q" (fattore di merito) dei filtri.

La figura sottostante rappresenta la risposta o le attenuazioni introdotte da un filtro crossover del primo ordine con frequenza di taglio posta a 2000hz. Posizionate sopra il cursore del mouse e potrete osservare lo stesso filtro, ma del secondo ordine con attenuazione a 12 dB per ottava come già visto sopra. Ad un primo esame potrebbe sembrare che il sei decibel sia migliore ma non dobbiamo dimenticare che stiamo esaminando un filtro teorico il cui solo scopo è dimostrativo. Come vedremo, la scelta della pendenza giusta dipende da diversi fattori che meritano una trattazione separata. In questa sede è opportuno notare che il 12 dB è più "aperto" nel punto d'incrocio ma ha il grande merito di un maggiore controllo sulle frequenze indesiderate.

Passate il cursore del mouse sopra l'immagine per vedere la differenza fra un 6 dB ed un 12 dB, alla stessa frequenza di taglio fissata a 2 kHz.(la prima è la curva a 6 dB)

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Scelta Del Filtro
Abbiamo visto cosa rappresentano i decibel e le ottave, abbiamo accennato a pendenza e fattore di merito o "Q" del filtro. Cerchiamo di applicare ad un filtro reale le nozioni acquisite.
In base a quali criteri è bene adottare una configurazione piuttosto che un'altra. Come scegliere la pendenza ed il taglio di frequenza?
Prima di addentrarci nell'argomento facciamo un breve riepilogo, di quanto visto fino ad ora. I crossover passivi possono essere classificati per le seguenti caratteristiche:

Per il numero di vie: due, tre, quattro anche cinque.
Per la pendenza di ogni singola via, 6,12,18 o 24 dB. Non é detto che tutte le vie avranno la stessa pendenza.
Secondo l'impiego avremo, sezioni passa-alto, passa-basso o passa-banda.
Altro punto importante è il fattore di merito Q del filtro.
La frequenza d'incrocio, cioè quel punto dove le emissioni degli altoparlanti s'incontrano e si sovrappongono.
Il punto 1 è una diretta conseguenza di quanti altoparlanti potremo utilizzare, in generale è consigliabile un sistema e tre vie (tweeter-medi-woofer), specialmente se esiste la possibilità di installare il medio in portiera o comunque sulla stessa linea che unisce verticalmente il tweeter con il woofer.

Punto 2, la pendenza. La determinazione della giusta pendenza deve tener conto di due fattori fondamentali che influiscono in maniera pesante sulla ricostruzione dell'evento sonoro nonché della scelta fatta al punto 1, cioè il numero di vie che compongono il sistema.

la distanza che separa gli altoparlanti, con il suo aumentare, allontanando i centri di emissione tende a rendere il messaggio sonoro poco dettagliato ed instabile. Nella situazione tipica di un sistema a due vie, con tweeter nella parte alta e midbass nella parte bassa della portiera é opportuno adottare un filtro a 6 dB per il midbass e 12dB per il tweeter. In fase di progetto, ove possibile, é meglio cercare di limitare la distanza fra i due driver avvicinando il tweeter al midbass: contrariamente a ciò che si potrebbe credere, il fronte sonoro risulterà più alto e stabile. L'uso del 6 dB nella sezione bassa, permetterà al midbass di dare il necessario supporto alla riproduzione della gamma media ma senza strafare.
Le caratteristiche degli altoparlanti in uso, determinano più di ogni altra cosa la scelta della pendenza e della frequenza d'incrocio. Nei sistemi a due vie é bene che il mediobasso sia capace di riprodurre buona parte della gamma media ma sopratutto é importante che abbia una buona dispersione angolare. Infatti, quegli strani oggetti recanti al centro una sorta di "missile terra-aria", non sono altro che dei midbass con ogiva rifasatrice, il suo scopo é di aumentare la capacità di dispersione rendendo la riproduzione più estesa in gamma media.
Il punto 3 si spiega da solo: è chiaro che destineremo un passa-alto ad un tweeter come un passa-basso ad un woofer o un passa-banda ad un midrange. Esistono anche altre configurazioni, come i filtri in serie ma sono di scarso interesse e di difficile messa a punto.

Il punto 4, "Q" del filtro è applicabile con rigore solo a quei sistemi che rispettano tutte le condizioni ideali perché un sistema di riproduzione audio, possa evidenziare le diversità introdotte da un diverso fattore di merito. In auto ben difficilmente si riscontrano condizioni ideali, di conseguenza la modifica del fattore "Q", sarà fatta in modo arbitrario. In altre parole, le modifiche tese ad ottenere miglioramenti qualitativi della riproduzione, modificano il "Q" ma sulla base di esperienze personali e riscontri ottenuti all'analisi dello spettro audio, con apposita strumentazione.

Punto 5, in figura un filtro crossover (teorico) del secondo ordine, pendenza 12 dB. Le frequenze d'incrocio scelte sono: 500 hz tra woofer e medio, 5000 hz tra medio e tweeter. Come si può osservare, in teoria le cose dovrebbero funzionare!

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A questo punto credo che ne avete abbastanza di ottave, decibel, pendenza, dispersione. Continuiamo con la verifica pratica di quanto detto effettuando l'analisi di spettro audio di un sistema reale.


Analisi Di Spettro
I crossover possono essere attivi o passivi. La ragione per cui si possono preferire i passivi, oltre a quanto già detto, é la possibilità di configurare sistemi complessi intervenendo su ogni singolo altoparlante con precisione.
Purtroppo o per fortuna il nostro orecchio, per quanto sofisticato e sensibile possa essere, é ben lungi dall'essere uno strumento di misura. Per intervenire con precisione possiamo utilizzare l'analizzatore di spettro audio. Lo strumento è capace di dividere la banda audio 20-20.000 hz in trenta parti e farci osservare i livelli di ogni singola parte con precisione fino ad un decibel. Stiamo parlando dell'analisi di spettro a terzi di ottava. Per avere un segnale costante, da applicare al sistema in analisi, si usa il rumore rosa. Il rumore rosa è un segnale che contiene in modo casuale tutte le frequenze da 20hz a 20 Khz con livello costante per ottava. Applicando allo strumento un rumore rosa attendibile si ottiene una linea retta.
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La prima foto mostra l'Audiocontrol SA 3050A mentre analizza il rumore rosa, generato dallo stesso apparecchio. La misura é fatta a 91 dB-SPL con precisione di tre Decibel. Ma se spingiamo la precisione ad 1 dB, seconda figura, ... possiamo anche cercare "il pelo nell'uovo"!
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Come già visto noi riusciamo appena a distinguere differenze di tre dB, figuriamoci con un solo dB! La terza foto in basso mostra l'analisi fatta su di un sistema multivia e subwoofer. Questa volta ho usato un CD test con traccia rumore rosa che é stata letta dalla sorgente per poi essere riprodotta dagli altoparlanti, la rilevazione delle frequenze è stata fatta a 92 dB SPL e risoluzione 3 dB, usando il microfono calibrato di cui l'Audiocontrol é dotato.
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Iniziamo da sinistra dove sono poste le frequenze più basse, precisamente l'ultima colonna e centrata sui 25 hz. I primi tre punti evidenziano l'intervento del subwoofer, il terzo verso destra é posto a 40 hz frequenza alla quale il sub é filtrato. Di seguito possiamo osservare il rapido fronte in salita determinato dal midwoofer, quest'ultimo é filtrato da 50hz a 800hz e presenta il classico buco a 250 hz per poi risalire fino a sommarsi al medio. Il medio é un componente a cono il cui intervento é ben evidente tra 1000 e 3000 hz, per poi scendere rapidamente grazie al filtro a 12 dB e sommandosi al tweeter rende la gamma alta molto lineare ( sono i 4 punti sulla stessa linea da 5 Khz a 10 Khz). E' osservabile il punto immediatamente successivo posto a 12,5Khz che é determinato dalla cupola in polipropilene del tweeter, il quale riesce ad esprimere qualcosa anche ai fatidici 20 Khz.

Nota: il microfono e stato posto nella posizione d'ascolto lato guida e orientato verso avanti. L'intervento del subwoofer, considerato che la misura andava fatta con auto ferma é stato limitato al 30%, una regolazione normale avrebbe portato la gamma di competenza fuori scala e sarebbe stata scambiata per un bel buco di frequenza.
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Vi state chiedendo se esiste la curva ideale? La risposta é NO! Esiste però una regola accettata: fra le frequenze adiacenti non devono esserci scostamenti superiori ai tre decibel. Ritorniamo alle figure, l'ultima mostra i due punti in questione, infatti, come detto sopra la risoluzione é stata posta a tre decibel. Questo significa che tra i punti appena più alti o bassi esiste una differenza di soli tre decibel, cosa che non si verifica alle frequenza indicate dalla linea bianca.


Rete Zobel
Fra le reti di compensazione più note annoveriamo la cella Zobel, dal nome del fisico che ne studiò il comportamento

Lo scopo di una cella Zobel spesso indicata come rete è regolarizzare l'impedenza L(e) di un altoparlante, facendo "vedere" alla cella di filtro l'impedenza costante al variare della frequenza.
La cella di Zobel compensa la zona induttiva.

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Usiamo una cella Zobel per linearizzare la risposta di un woofer o di un medio nella zona di incrocio con il tweeter. Molto spesso e con più successo la cella Zobel è utilizzata per regolarizzare l'andamento di impedenza di un tweeter alle alte frequenze, specialmente se le irregolarità si presentano a frequenze tali da rendere il suono sgradevole, ipotesi nella quale diciamo che i tweeter "strillano".

Cella antirisonante
La cella antirisonante ha il compito di regolarizzare la curva di impedenza nella zona corrispondente alla frequenza di risonanza dell'altoparlante. Pertanto, è spesso usata per linearizzare la curva di impedenza di un tweeter o di un medio, raramente è usata per linearizzare la curva di impedenza di un woofer. Nel car audio in particolare la cella antirisonante è molto poco usata poiché i woofer possono beneficiare di filtri passa-alto, i filtri per medi ed i tweeter hanno frequenze ti taglio tali da rendere inutile la compensazione della curva di impedenza in prossimità della loro Fs (frequenza di risonanza).



Quanto sopra suggerisce che, per motivi legati alla distanza esistente fra un tweeter ed un woofer in un sistema a due vie installato in auto e con la collocazione tipica automobilistica, si potrebbe usare una cella antirisonante per spostare la zona di lavoro del tweeter fino in prossimità della sua Fs. Teoricamente ciò è vero ma in pratica non si realizza quasi mai poiché le potenze applicate sono sempre notevoli ed è molto più prudente spostare la zona di lavoro del tweeter ad una frequenza pari al doppio della sua Fs. Ad esempio, un tweeter di ultima generazione può avere benissimo la Fs misurata a 1200 Hz e, quindi, ciò consente di incrociare il tweeter con il woofer già a partire da 2000 Hz.

Facendo uso di un woofer con ogiva rifasatrice che consente di aumentare la dispersione angolare dell'altoparlante collocato in basso, appunto il woofer, si può ottenere un'altezza sul piano verticale tale da spostare il fronte sonoro appena sotto la linea del tweeter


Celle Di Ritardo
Limiti e possibili usi delle reti di ritardo

Uno dei tanti problemi che affliggono la corretta riproduzione della musica in auto è dovuto alla notevole differenza di distanza dei sistemi di altoparlanti sinistro e destro rispetto alla posizione occupata all'ascoltatore che, con la sola eccezione del passeggero che occupa il posto centrale del divanetto posteriore, assume sempre una posizione asimmetrica rispetto ai sistemi di altoparlanti installati.
Tale asimmetria provoca effetti deleteri sulla corretta ricostruzione della scena sonora, in quanto l'emissione degli altoparlanti dei sistemi sinistro e destro raggiungono le orecchie dell'ascoltatore in istanti differenti. L'ascoltatore la avverte, quindi, come una minore precisione nel collocamento degli strumenti nel soundstage.

Ricorrendo a particolari artifici è comunque possibile riuscire a compensare la diversa distanza dei due sistemi di altoparlanti rispetto all'ascoltatore. Ritardando il segnale destinato ad essere riprodotto dal sistema di altoparlanti più vicino all'ascoltatore (canale sinistro per il lato guida, canale destro per il lato passeggero) e allontanando così virtualmente il sistema di altoparlanti.

Il problema della compensazione temporale dei sistemi di altoparlanti sinistro e destro è soltanto l'aspetto più evidente del problema generale dell'allineamento temporale che sovente coinvolge anche i singoli trasduttori di uno stesso sistema di altoparlanti (tweeter, midrange, woofer), i quali, per molteplici motivi soprattutto legati a ragioni di installazione, non si trovano sullo stesso piano e alla stessa distanza dal punto di ascolto.
La soluzione ai problemi sopra evidenziati viene dall'elettronica che ci consente di optare tra soluzioni di tipo digitale e di tipo analogico.
Inizieremo subito dicendo che le reti di ritardo analogiche manifestano dei limiti ben precisi che, in alcuni casi, non lasciano alternativa all'utilizzo di processori digitali.

Lo scopo di questo articolo sarà proprio cercare di
analizzare le possibilità e i limiti delle celle di ritardo.
Per comprendere meglio il motivo per cui in alcuni casi i processori digitali rappresentino l'unica soluzione per ottenere una corretta ricostruzione del soundstage in abitacolo, vediamo più in dettaglio il funzionamento di questi ultimi, lasciando poi spazio alla descrizione delle reti di ritardo analogiche.


I processori di ritardo digitali
In un processore di ritardo digitale, il ritardo viene ottenuto memorizzando il segnale audio da processare in una memoria tampone di tipo RAM per essere poi prelevato dopo il tempo corrispondente al ritardo voluto. Poiché la memoria tampone lavora con dati digitali, esso dovrà disporre di convertitore A/D e D/A per poter convertire rispettivamente il segnale analogico in ingresso in forma digitale (utilizzabile dalla RAM) ed il segnale digitale ritardato nuovamente in forma analogica: è evidente come la doppia conversione possa contribuire all'aumento della distorsione del segnale; questo è, in effetti, il punto debole dei processori digitali, assieme al costo solitamente correlato alla qualità del processore.

In effetti l'alternativa esiste, ed è quella di inserire il processore in un percorso totalmente digitale, cosa che complica però ulteriormente l'impianto e ne aumenta i costi (occorre prevedere un convertitore D/A separato da installare a valle del processore).

Nonostante l'elevato costo, soprattutto in quest'ultimo frangente, la soluzione digitale è tuttavia l'unica che permette di ottenere un'ampia escursione di ritardi temporali, in alcuni casi inarrivabili dalle più semplici reti di ritardo analogiche.

Le Celle di ritardo analogiche
Le reti di ritardo operano il ritardo in maniera totalmente diversa dai processori digitali. Il ritardo viene infatti ottenuto come conseguenza della rotazione di fase del segnale applicato in ingresso.

Altro non sono che filtri passa tutto (all pass), definiti appunto come quadripoli che lasciano passare senza alcuna attenuazione tutte le frequenze del segnale audio, apportando cambiamenti soltanto alla fase.

Dalla lettura delle prime righe di questo paragrafo si sarà facilmente compreso che esiste una precisa relazione tra ritardo di fase e ritardo temporale: come vedremo più avanti, essa riveste una importanza notevole e sta alla base di tutte le considerazioni che faremo sulle possibilità di impiego delle celle di ritardo analogiche. Quanto segue servirà per comprendere meglio i concetti sopra esposti.

Consideriamo un segnale sinusoidale (le considerazioni cui vogliamo giungere sono comunque valide con qualsiasi forma d'onda alternativa). Il periodo completo (definito dal tempo intercorso da due punti del segnale che assumono valore) corrisponde ad un angolo di 360 gradi, in quanto la funzione sinusoidale y = sen(alfa) assume gli stessi valori, con lo stesso andamento, ogni 360 gradi. Il segnale sinusoidale descritto e le grandezze che lo interessano sono rappresentate in figura 1.

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Apportando alla sinusoide di figura 1 uno sfasamento di 90 gradi, otterremo quanto mostrato in figura 2, dove la sinusoide A rappresenta il segnale originale, mentre la sinusoide B rappresenta il segnale ritardato. E' possibile notare che la sinusoide B raggiunge gli stessi valori della sinusoide A dopo un tempo Ta-Tb, valutabile nella scala dei tempi una volta nota la frequenza (e dunque il periodo) del segnale: la differenza Ta-Tb assume il significato del ritardo temporale ottenuto.

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L'analisi della figura 2 fornisce diversi elementi che ci consentono di fare importanti valutazioni: innanzitutto dovrebbe risultare chiaro che il massimo ritardo ottenibile da una rete è confrontabile come ordine di grandezza col periodo del segnale, pari all'inverso della frequenza. Questa caratteristica limita notevolmente le possibilità l'impiego nei confronti di segnali a frequenza elevata, caratterizzati da lunghezze d'onda ridotte e alle quali i ritardi di fase ottenuti dalle reti (anche se di ordine elevato) si traducono in ritardi temporali modesti, non sempre sufficienti per compensare le diverse distanze degli altoparlanti installati in un comune impianto audio, soprattutto se installato in auto.

Questa considerazione è molto importante in quanto sta alla base dell'affermazione fatta sopra, circa l'impossibilità pratica di ritardare significativamente ed in maniera coerente l'emissione di un intero sistema di altoparlanti. Definendo il periodo come:


T = 1/f

possiamo infatti vedere come un ritardo di 180 gradi (mezzo periodo) produca un tempo di ritardo notevole a frequenze basse, ma del tutto inservibile per le nostre esigenze a frequenza ben più alte, ad esempio nella gamma di competenza del tweeter.


Ad esempio a 100 Hz:

T = 1/f = 1/100 Hz = 0,01 s; da cui T/2 = 0,005 s = 5 ms
che corrisponde ad un allontanamento virtuale di:

L = 340 m/s * T/2 = 340 m/s * 0,005 s = 1,7 metri

mentre a 10 kHz:

T = 1/f = 1/10000 Hz = 0,0001 s; da cui T/2 = 0,00005 s = 0,05 ms
che corrisponde ad un allontanamento virtuale di:

L = 340 m/s * T/2 = 340 m/s * 0,00005 s = 0,017 m = 17 mm

ritardo quest'ultimo già difficilmente sufficiente a compensare la diversa distanza tra tweeter e midwoofer in un sistema di altoparlanti, figuriamoci tra sistemi di altoparlanti sinistro e destro.

E' possibile aumentare il numero di celle in cascata per ottenere ritardi maggiori, ma a questo punto è già chiaro che si complica eccessivamente la realizzazione, che dovrà necessariamente prevedere componentistica dalla tolleranza ridotta, senza tuttavia arrivare ancora ai vantaggi sperati.

CONCLUSIONI
Diffidiamo dai ciarlatani che affermano di riuscire a fare miracoli con le celle di ritardo che, secondo loro, dovrebbero riposizionare la scena sonora al centro dell'abitacolo (dove per convenzione per centro dell'abitacolo si intende il nostro centro di ascolto, cioè di fronte a noi. Di fatto la scena sonora è già al centro, siamo noi a stare nel posto sbagliato). Come dimostrato, i ritardi ottenibili sono tali da non poter compiere quello che, a questo punto, sembra essere un prodigio divino. In ogni caso, anche ammettendo per assurdo di volere realizzare un sistema di celle multiple (nel qual caso fate spazio nel baule) il riallineamento temporale potrebbe essere operato in maniera univoca: in altre parole si dovrebbe scegliere quale lato privilegiare visto che si dovrebbe ritardare uno dei due canali destro o sinistro per riposizionare il soundstage. Beh, non ci sembra che l'ipotesi sia da prendere in considerazione, sarebbe un assurdo tecnico per ottenere un impianto peggiore di prima.

Applicazione sensata delle celle di ritardo
In un sistema di diffusione acustica tradizionale a due vie composto da woofer e tweeter, sorge un problema derivante dalla diversa collocazione dei centri di emissione, il ben noto offset. In questo caso la cella di ritardo può effettivamente aiutare a riallineare in modo temporale le due emissioni, ma vediamo di cosa si tratta.

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Osservando la figura si nota che i centri di emissione (corrispondono con la bobina mobile) dei due driver non sono sullo stesso piano ma sfalsati. Questo si verifica quando il pannello frontale è piatto; molti costruttori adottano forme o inclinazioni tali da compensare la distanza esistente tra i centri di emissione, detta offset.
Succede che in corrispondenza della fc (frequenza di crossover) le emissioni dei due altoparlanti giungono all'ascoltatore in istanti diversi: prima quella del tw e poi quella del wf. Questo crea una sorta di confusione nella riproduzione di quelle frequenze che interessano la zona di sovrapposizione tra wf e tw. Si noti bene: il fenomeno interessa solo la zona di sovrapposizione.

Ora, per compensare la distanza (come ben si capisce non potrà che essere di pochi centimetri) minima che esiste fra i centri di emissione è possibile usare una o due celle di ritardo. Tuttavia, anche in questi casi, si ricorre ai ritardi solo se veramente indispensabile: nella pratica, molti produttori preferiscono adottare inclinazioni o forme del pannello frontale tali da riposizionare i centri di emissione.

In auto volendo andare a spaccare il capello in quattro è possibile "rifasare" gli altoparlanti di un canale in modo tale da ottenere un riallineamento temporale del woofer rispetto al tweeter. Per le ragioni esposte sopra, tuttavia, si capisce bene che la distanza fra i centri di emissione e tale da non permettere un effettivo riallineamento ma solo una blanda compensazione.


Crossover Passivo O Attivo
Qualsiasi configurazione abbiate scelto, state certi che arriverà il momento di usare un crossover passivo anche per il vostro impianto car hi-fi.
Nel bene o nel male dei crossover si è scritto e detto di tutto. Tuttavia, fino a quando non sarà inventato l'altoparlante capace di fare a meno di una rete crossover, ci ritroveremo ad armeggiare con bobine, resistenze, condensatori e saldatore.
Nel progetto di un impianto hi-fi car, a causa dell'ambiente in cui l'evento sonoro ha luogo e per le diverse soluzioni adottate di volta in volta, ogni possibile previsione teorica sul risultato è fortemente condizionata da troppi interrogativi rimasti aperti. Per cui è praticamente impossibile poter elaborare un sistema affidabile capace di darci dei punti di riferimento tali da farci capire se è meglio usare un tipo di woofer piuttosto che un'altro. L'unico riferimento valido non può che scaturire dalle esperienze personali.

Se siete d'accordo con quanto sopra detto, allora, sarete anche consapevoli che il crossover passivo rappresenta l'unico rimedio valido per poter supplire alle imperfezioni che puntualmente si presentano ad ogni Power On.
A questo punto qualcuno potrebbe obiettare che ogni sistema di altoparlanti deve essere equipaggiato con un crossover passivo tarato sulle specifiche dei trasduttori. Questo è vero, ma come sappiamo è possibile farlo solo quando sono noti tutti i dati del sistema medesimo. Quindi, caratteristiche degli altoparlanti, volume di carico acustico, distanza dei centri d'emissione sia in senso verticale che orizzontale ed un mucchio di altre cose maledettamente complicate. Provate a farlo in un car audio! Resterete delusi del risultato e deciderete di fare qualche piccola modifica. Come volevasi dimostrare.

Schema crossover 3 vie pendenza 12 db.

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Lo schema che ho realizzato (questa volta un tantino meglio) rappresenta la configurazione abbastanza elementare di un crossover a tre vie con pendenza a 12 db per ottava.

In genere è sempre opportuno iniziare da configurazioni molto semplici per poi stabilire se è necessario fare modifiche e perfezionamenti. Molto spesso mi è stata rivolta la domanda: "se monto tre altoparlanti con un crossover passivo e lo collego all'amplificatore l'impedenza è sempre 4 ohm"? La risposta è NI. E' si da un punto di vista puramente teorico e supponendo che gli altoparlanti si comportino come resistenze. E' no perchè gli altoparlanti si comportano in tutti i modi tranne che resistenze. Di conseguenza avremo che per certe frequenze l'impedenza sarà inferiore e per altre sarà superiore al valore nominale di partenza. Questo è un grosso guaio, ma non per noi che intendiamo perfezionare il nostro crossover sul campo. Nel car audio esistono tanti problemi però la necessità di dover configurare, tarare, regolare, perfezionare, riascoltare e ritarare, alla fine produce sempre il risultato voluto. Infatti, avremo ottenuto un sistema audio plasmato nell'ambiente in cui l'evento sonoro sarà riprodotto.
Per avere successo è necessario mettere insieme una buona dose d'informazioni, tanta esperienza e consapevolezza del risultato che è possibile raggiungere a seguito di un grande impegno.


Abbiamo già visto che ogni crossover passivo presenta due caratteristiche che lo distinguono nettamente: la frequenza di crossover (comunemente detta frequenza di taglio) e la pendenza.

Molti si chiedono se esiste anche il dato sulla potenza che il crossover può reggere.
Il dato esiste ma raramente viene espresso. Molto più indicativo è osservare quali sono le caratteristiche dei singoli elementi e dedurre la potenza applicabile. Questo sarà l'oggetto del prossimo paragrafo.
Sul corpo dei condensatori sia elettrolitici sia in film plastico è indicato il valore di tensione applicabile, ad es. 100V. Ciò significa che l'isolamento del condensatore è affidabile per tensioni fino a 100 volt, superate le quali il dielettrico che separa le armature può essere perforato con conseguente corto circuito fra le armature. Alle armature fanno capo i due terminali esterni che useremo per collegare il condensatore al circuito, in caso di corto il componente non potrà filtrare i segnali e il suo comportamento sarà simile a quello di uno spezzone di cavo elettrico. In queste condizioni un condensatore adibito alla filtratura di un tweeter, in breve tempo causerà il surriscaldamento della delicata bobina mobile del tweeter con conseguenze facilmente immaginabili. I condensatori elettrolitici per uso audio differiscono dai comuni condensatori poiché non hanno verso di collegamento, essi sono NP cioè Non Polarizzati. I valori di tensione possono partire da 16 volt ed arrivare anche a 1000 volt nelle versioni destinate ad equipaggiare crossover usati in sistemi professionali. Concludo questa breve parentesi sui condensatori ricordando che nel ramo del tweeter è sempre molto importante usare condensatori del tipo in film plastico e con tensione di lavoro 100volt. Mentre per medi e woofer possono essere usati i più economici elettrolitici, sempre con tensione di lavoro 100volt.
Relativamente alle bobine e la potenza che possono sopportare c'è da dire che nel caso di sovraccarico non ci sono conseguenze per gli altoparlanti però l'efficacia del componente non sarà più la medesima. Esistono due tipi di bobine: avvolte su nucleo e avvolte in aria libera. Gli induttori avvolti su nucleo reggono potenze proporzionali alla qualità della lega usata per essere impiegata nella costruzione del nucleo. Un materiale molto comune e la ferrite. La funzione del nucleo è aumentare il valore espresso in mH della bobina. Avremo così, che una bobina su nucleo presenta un avvolgimento relativamente breve ed un valore di impedenza alto, con il vantaggio di introdurre la minima attenuazione di potenza. Si pensi ad una bobina sul ramo positivo di un woofer servito da un amplificatore di 40 watt, sicuramente la scelta migliore è l'uso di un induttore su nucleo.
Le bobine avvolte in aria sono adatte quando le potenze in gioco superano i 75 watt RMS. Il vantaggio è che essendo prive di nucleo mantengono inalterato il valore di impedenza anche in condizioni di carico estremo. Perché il tutto risulti veramente vantaggioso è necessario che le bobine siano costruite rispettando tutti i dati di progetto scegliendo per la formazione dell'avvolgimento ottimi conduttori di generoso diametro. In genere le bobine avvolte in aria di ottima qualità hanno un costo molto superiore alle equivalenti avvolte su nucleo, sopratutto quelle destinate a filtrare i woofer.
Le resistenze utilizzate nei crossover passivi dovrebbero essere ad impasto ed avere un valore di potenza dissipabile adeguato all'uso. In realtà, sono usate le resistenze a filo resistivo e la ragione è che sono più economiche e facilmente reperibili. La scelta della potenza dissipabile deve tenere conto del punto dove la resistenza è impiegata. Ad esempio, se vogliamo attenuare un medio piuttosto che un tweeter è più opportuno usare un valore di 10 watt, ed ancora, se il valore della resistenza in ohm è particolarmente elevato (diciamo superiore a 6,8 ohm) e la potenza dell'amplificatore supera i 60 watt è buona norma usare potenze di 15 watt.
Analisi del circuito
Lo schema del crossover presentato in questa pagina prevede tre celle di filtro che, partendo dall'alto verso il basso, avranno il compito di dividere le frequenze tra tweeter, medio e woofer. Il calcolo dei valori dei singoli componenti può essere fatto con appositi software oppure con l'uso delle formule. Il risultato è determinato da due dati di partenza essenziali: la frequenza di crossover (Fc) ed il valore d'impedenza espresso in ohm di ogni altoparlante (Z). Relativamente il valore d'impedenza potremmo aprire un intero capitolo ma in questa sede ci limiteremo a dire che è puramente indicativo, tuttavia, il dato fornito dal produttore è l'unico di cui disponiamo e lo prenderemo per buono.
Per la frequenza di crossover prenderemo a modello due sistemi a tre vie, dove in uno abbiamo un medio a cono da 13 cm e nell'altro un medio a cupola da 5 cm di diametro. Chiaramente il medio da 13 ha una maggiore capacità di riprodurre frequenze più basse, mentre quello a cono si spinge facilmente oltre i 7000 hz (frequenze alte). Di conseguenza la frequenza di crossover del sistema con medio di 13 cm potrebbe essere 500/3500 o anche 400/4500. Il sistema con medio a cono per forza di cose avrà valori diversi che potrebbero essere 800/5000 oppure 1200/6500. I dati appena forniti logicamente sono valori medi da cui si può partire per poi affinare in fase di tarature. E' altresì vero che la scelta delle frequenze di crossover dipende dalla distanza che separa gli altoparlanti e dal punto in cui gli stessi sono stati sistemati.
Spesso per problemi di spazio il medio viene installato nella parte centrale dello sportello, quindi, ben al di sotto di quella che è la linea immaginaria che passa ad altezza degli occhi. In questo caso in fase di progetto sarà opportuno dotare il sistema di un buon tweeter capace di scendere verso le medie frequenze e si cercherà di limitare l'intervento del medio a circa 3000 hz. Così facendo specialmente le voci dei cantanti risulteranno appena sotto la linea dei tweeter e non daranno la sgradevole sensazione di essere state rinchiuse nello sportello!
Ho preparato un grafico che visualizza la differenza tra una frequenza di crossover posta a 5000 hz e quella posta a 3000 hz. La figura sotto rappresenta la risposta complessiva di un sistema a tre vie. La linea Bianca con Fc 800/5000 e la linea Fucsia mostra la risposta dello stesso sistema, ma con Fc 800/3000. (Il grafico è stato tracciato non tenendo conto della risposta degli altoparlanti)

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Si notano due indicazioni Ve=5 gradi e Or=25 gradi. "Ve" è riferito all'angolo, in senso verticale, che il microfono di misura ha rispetto al tweeter; "Or" lo stesso ma in senso orizzontale. Come già anticipato sopra la traccia del grafico non tiene conto della risposta degli altoparlanti, ciò significa che le curve risultanti sono state tracciate come se gli altoparlanti fossero delle resistenze. La vistosa differenza che esiste nella zona centrata a 5000 hz è dovuta alla maggiore capacità del tweeter di irradiare quella porzione di frequenze, rispetto agli angoli d'ascolto, e non per le caratteristiche intrinseche dell'altoparlante ma per il suo diametro. Avete già capito che il fenomeno è regolato dai principi sulla dispersione angolare a cui nessun altoparlante può sottrarsi.

La dispersione angolare.
Gli altoparlanti hanno capacità di propagare i suoni in ogni direzione fino ad una frequenza la cui lunghezza d'onda sia pari al doppio del diametro nominale dell'altoparlante stesso. Al di sopra di detta frequenza tutti gli altoparlanti tendono a diventare unidirezionali propagando le onde acustiche in asse. Facciamo mente locale sulla posizione dei nostri super woofer ultimo modello pagati una fortuna e capiamo subito che siamo fregati! Ma non è detta l'ultima parola. Ritorniamo alla dispersione.
Prendiamo il giro largo ed iniziamo con il considerare la frequenza dei suoni e la lunghezza d'onda. Sappiamo che le onde acustiche hanno un andamento sinusoidale, fig. 1. Ogni onda è composta da un semiciclo positivo ed uno negativo. Possiamo considerare come semiciclo positivo l'avanzamento del cono di un woofer e come semiciclo negativo il suo arretramento, rispetto al punto di riposo. I punti a e b segnano l'inizio e la fine di un ciclo completo. I cicli sono scanditi dalla frequenza di un suono. Per frequenze alte avremo cicli brevi, per frequenze basse avremo cicli lunghi. La distanza che un suono copre nell'aria nel tempo di un ciclo è la lunghezza d'onda.
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La facile conclusione è che i suoni bassi avranno una lunghezza d'onda maggiore di quelli alti che, come già sappiamo, hanno una frequenza superiore. Un semplice calcolo ci indica fino a quale frequenza è possibile spingere un altoparlante senza avere fenomeni di direzionalità: basta dividere la velocità del suono per il doppio del diametro effettivo del cono o cupola. Proviamo con un medio da 10 cm il cui diametro effettivo sia 75mm.
Dividiamo 344 per 150, dove 344 è la velocità del suono e 150 il doppio del diametro espresso in millimetri. Il risultato è 2,3 Khz. Avremo, che per frequenze minori a 2,3Khz il nostro medio propagherà in tutte direzioni, mentre diverrà sempre più direttivo al salire della frequenza. Per un woofer da 16,5 cm, quale sarà il punto di transizione? Indovinato, é circa 1,3 Khz. E per un tweeter da 25 mm? Si, 6,8 Khz. Lo so vi state chiedendo perchè tutti i tweeter sono dichiarati per risposte in frequenza fino a 20 khz. La ragione è che adottando particolari tecniche è possibile "deviare" il percorso del suono e non bisogna dimenticare che ponendosi all'ascolto di fronte all'altoparlante il fattore dispersione non influisce. Avremo, quindi, che un woofer, un medio o un tweeter possono arrivare ad emettere in tutte le direzioni per frequenze pari al doppio di quelle calcolate con la formula sopra data. La conoscenza di tale fenomeno anche se non vi migliorerà la vita, vi farà comprendere perchè è particolarmente importante curare il progetto del crossover passivo e il posizionamento degli altoparlanti in abitacolo.

In conclusione
Quando scegliamo le frequenze di crossover ricordiamoci di considerare due parametri fondamentali: la Frequenza di Risonanza (Fs) e il diametro effettivo dell'altoparlante. I calcoli li faremo basandoci sul dato di Impedenza fornito dal costruttore. Ma cos'è l'impedenza e come si calcola? In che modo influisce sulla resa di un sistema audio? L'impedenza sarà l'oggetto della prossima pagina.

L'impedenza


Impedenza
Se provate a cercare il termine impedenza su un dizionario probabilmente troverete una definizione simile alla seguente:
in un circuito elettrico con resistenza ohmica R, induttanza L e capacità C in serie, percorso da corrente alternata sinusoidale, la legge di Ohm generalizzata esprime la f.e.m (forza elettro motrice) massima E agente nel circuito sotto la forma:

E=ZI
dove I è l'intensità massima di corrente e Z è l'impedenza.

Tralascio la formula dell'impedenza, anche perchè non sono così incosciente e non voglio che cambiate pagina prima di aver letto quello che veramente ci interessa sapere.
Tuttavia, la forza elettro motrice introdotta con la relazione sopra esposta ci suggerisce che, in un circuito, tale grandezza aumenta con l'aumentare dell'impedenza Z. Il problema è che la f.e.m spesso si oppone alla causa che l'ha generata. Nel caso di un sistema audio l'amplificatore è la causa, I della formula; l'altoparlante e Z. Come già detto in altre occasioni, la Z dell'altoparlante non è per nulla costante, essa varia in funzione della frequenza e a seconda delle escursioni della bobina mobile nel traferro. Tutto ciò si traduce in componenti reattive e induttive in continua variazione quando, invece, l'amplificatore vorrebbe "vedere" l'altoparlante come una pura e semplice resistenza di valore costante.

Se quanto sopra vi ha incasinato le idee piuttosto che chiarirle non è importante perchè quello che seguirà potrà essere compreso ugualmente.

Impedenza risultante nei collegamenti a ponte in mono.
E' pratica comune collegare il subwoofer all'amplificatore in modo bridge (ponte), questo perchè spesso è usato un altoparlante mono bobina. Il modo bridge, permette di unificare i segnali destro e sinistro e inviarli al sub. Quando disponiamo di un sub con due altoparlanti non c'è alcuna ragione perchè si debba usare il collegamento bridge: molto meglio è usare il modo stereo collegando ogni altoparlante ad un singolo canale. In entrambi i casi l'impedenza di carico sarà 4 ohm che è un valore ideale per ottenere la massima resa di potenza e una buona dinamica. I produttori di amplificatori spesso forniscono i dati di potenza per valori di carico di 4, 2, 1 ohm. Questi dati non presuppongono che si debba sfruttare al massimo delle possibilità l'amplificatore, piuttosto sono da interpretare come parametri entro i quali l'amplificatore continua a svolgere il proprio compito senza problemi. Ad esempio, nel caso di un sub da 4 ohm collegato in bridge, nella fase di funzionamento per l'effetto dell'escursione della bobina mobile l'impedenza non sarà sempre 4 ohm ma ci saranno dei momenti in cui il valore potrà scendere fino a valori molto bassi.
Poiché esistono delle eccezioni vi fornisco le formule per poter calcolare l'impedenza risultante nel caso di collegamenti in serie o in parallelo di due o più altoparlanti.

Nel parallelo di due altoparlanti distinguiamo due casi:

entrambi gli altoparlanti hanno impedenza nominale identica. Il valore risultante sarà esattamente metà dell'impedenza di uno dei due altoparlanti. Ad es. due woofer di 4 ohm in parallelo daranno un carico di 2 ohm.
Nel caso di due altoparlanti con impedenze diverse ad esempio 4 e 8 ohm, l'impedenza risultante sarà data dal prodotto delle singole impedenze diviso la loro somma,

8 x 4
Z=--------= 2,6 ohm
8 + 4
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NB: nel parallelo di più di due altoparlanti la formula semplificata sopra esposta NON vale. Usiamo invece la seguente:

1
Z= ---------------------
1 1 1
---- ---- ----
Z1 Z2 Z3

Esempio, abbiamo tre altoparlanti con impedenze 4, 6 e 8 ohm

1:4= 0,25
1:6= 0,166
1:8= 0,125

sommiamo 0,25+0,166+0,125= 0,541

adesso possiamo dividere 1:0,541= 1,848 ohm (impedenza risultante)

Nei collegamenti in serie il calcolo dell'impedenza totale è semplicissimo, è sufficiente sommare le singole impedenze.

Z= 4+4= 8 ohm
Z= 4+8=12 ohm

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Esiste anche l'eventualità di dover configurare sistemi in cui si debba fare dei collegamenti complessi. La figura accanto rappresenta un misto molto semplice di due altoparlanti collegati in parallelo fra di loro che poi - come un unico altoparlante- vanno a chiudere il circuito con il collegamento in serie ad un terzo altoparlante. Per il calcolo dell'impedenza totale si possono utilizzare le formule sopra date. Supponiamo che i due woofer in parallelo abbiano impedenze diverse 4 e 8 ohm ed il terzo woofer abbia impedenza 4 ohm. L'impedenza totale sarà data dalla somma del risultato ottenuto dal parallelo più il valore del terzo woofer: 2,6+4= 6,6 ohm.

Una domanda frequente riguarda il valore d'impedenza che risulta dal collegamento di due o più altoparlanti ad un crossover passivo.
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I non addetti ai lavori spesso pensano che, collegando tw, medi e woofer ad un crossover pilotato da un amplificatore, il valore d'impedenza debba scendere al di sotto dei 4 ohm. Da un punto di vista teorico è vero il contrario, cioè l'impedenza resta 4 ohm, infatti, il compito del crossover e dividere il carico in tre bande ognuna delle quali raggiungerà un singolo altoparlante. Il carico "visto" dall'amplificatore non sarà l'impedenza risultante dai valori dei singoli altoparlanti ma il valore dato ai capi del circuito d'ingresso del crossover.

Esiste un'eccezione che si ha quando si collega un doppio driver ad un singolo ramo del crossover. Un caso tipico è rappresentato dal collegamento di due woofer alla via bassa del crossover. In questa eventualità l'impedenza non sarà costante per tutto lo spettro audio, risultando per la gamma bassa circa 2 ohm e per la restante parte 4 ohm. Questo fenomeno rappresenta una buona opportunità di risolvere il problema della resa in gamma bassa che in auto è particolarmente ostacolata da vari fattori. Di fatto, oltre ad avere una superficie radiante maggiore, l'uso del doppio woofer permette di convogliare una maggiore quantità di potenza alla gamma bassa proprio perchè l'impedenza sarà 2 ohm.

 
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